Lavorare fino alla data presunta del parto: follia, coraggio o semplice necessità

Mancano ormai meno di 6 settimane alla mia data presunta del parto (DPP), e siamo allo stesso tempo terrorizzati ed eccitati all’idea che fra non molto stringeremo tra le braccia il nostro primo pargolo. Nelle ultime settimane prima dell’arrivo di un neonato – specialmente se è il primo –  c’è sicuramente tantissimo da fare: finire di arredare e preparare la cameretta del pupetto (o per lo meno montare la culla o il lettino dove dormirà), montare il passeggino, installare il seggiolino in auto (senza il neonato non verrà rilasciato dall’ospedale), preparare la borsa per l’ospedale, preparare e congelare pasti per il dopo-parto, ripetere la strada per l’ospedale fino a riuscire a farla ad occhi chiusi e, solitamente, finire il lavoro e cominciare il congedo maternità.

Nella stragrande maggioranza dei casi, le madri in attesa scelgono di terminare il lavoro tre le 8 e le 4 settimane prima della DPP. In Italia, il congedo di maternità obbligatorio copre un arco di tempo pari a 5 mesi a cavallo del parto: storicamente si trattava dei due mesi precedenti la data presunta del parto e tre dopo, con l’opzione in flessibilità di prendere soltanto un mese prima e quattro dopo il parto. L’idea è ovviamente quella di consentire alla futura mamma di preparare se stessa e la casa all’arrivo del nascituro, oltre che di riposarsi finché può prima che le notti in bianco comincino!

E su questo penso che siamo tutti d’accordo che sia cosa buona e giusta che la madre possa prendere del tempo per se stessa ed evitare lo stress e la fatica dell’andare al lavoro ogni giorno con una pancia sempre più grossa e una lista sempre più lunga di fastidi e dolori.

Ma se la madre in questione non fosse in una posizione di prendere tale decisione? E se la madre in attesa non potesse permettersi – per qualsiasi motivo – di stare a casa uno o due mesi prima del parto? Perché non dimentichiamoci che nessun governo o datore di lavoro (ma sarei felicissima di scoprire casi che contraddicono tutto ciò) ti regala mesi a casa a gratis: più tempo stai a casa prima del parto e meno potrai stare a casa una volta che il bebè è nato. E anche questo non fa una piega.

Evidentemente qualcuno ai piani alti si è reso conto che costringere una madre a stare a casa due mesi prima della DPP – privandola essenzialmente della possibilità di stare a casa due mesi dopo la nascita del bimbo – potrebbe non funzionare per tutte e così, anche in Italia, dal gennaio 2019 è stata introdotta la possibilità prendere tutti e cinque i mesi  di congedo maternità obbligatorio subito dopo il parto, lavorando in sostanza fino alla data presunta del parto – previa specifica autorizzazione da parte del medico del SSN + medico competente che attesti l’assenza di rischi per la madre e per il nascituro.

Quella che in Italia a quanto pare è stata una svolta abbastanza rivoluzionaria (ma che è ha fatto alzare più di un sopracciglio), qui in Australia è normale amministrazione. Non esiste quaggiù infatti il congedo obbligatorio e le madri in attesa possono lavorare fino alla DPP, così come stare a casa per mesi prima del parto; in egual modo, dopo la nascita del pupo una madre può stare a casa fino a 2 anni, oppure rientrare il giorno dopo il parto se proprio volesse (in entrambi i casi ovviamente con il consenso del datore di lavoro).


Leggi anche: Come funziona il congedo maternità in Australia

Nel mio caso, come forse si sarà intuito dal tono di questo post, ho scelto di lavorare fino alla DDP – sempre ovviamente che il mio fisico me lo consenta e che il bebè non arrivi prima! Da mesi mi trovo a comunicare questa mia decisione a destra e a manca e la reazione da parte di amici, parenti, colleghi e perfetti sconosciuti è sempre stata la stessa: incredulità, perplessità, sgomento da chi non si capacita del motivo della mia scelta ma anche pietà e dispiacere da chi crede che questa decisione mi sia stata imposta. Coraggiosa e pazza sono gli appellativi che mi sono sentita ripetere in continuazione in questi mesi, di solito seguiti dalla domanda: “Ma sei proprio sicura?”

Sì, sono sicura. Ci ho pensato a lungo e ho scelto di continuare a lavorare fino alla mia data presunta del parto. Avrei potuto smettere prima, come d’altronde hanno sempre fatto tutte le mie colleghe andate in maternità e come vorrebbero che facessi le mie cape. Ho scelto di lavorare fino alla DDP perché il congedo maternità pagato che riceverò dal mio datore di lavoro e dal governo sarà molto limitato – in termini di importo e durata. Non navigando nell’oro e non potendo contare su aiuto gratuito per curare il neonato – tipo da parte dei nonni – una volta che rientrerò al lavoro, dobbiamo cercare di mettere da parte quanti più soldi possibili.

Fine della storia.

Credetemi, mi piacerebbe tanto poter passare le ultime settimane a casa, spaparanzata sul divano a riposarmi e a guardare la mia pancia crescere, ma necessità finanziarie mi costringono ad andare al lavoro fino all’ultimo giorno. Non sono coraggiosa, non sono pazza, faccio solo di necessità virtù.

Last Updated on 15/07/2021 by Diario dal Mondo

10 thoughts on “Lavorare fino alla data presunta del parto: follia, coraggio o semplice necessità

  1. Mi trovi d’accordo. Proprio nei giorni scorsi parlando tra amiche ho espresso la mia volontà, laddove il fisico me lo consenta, di poter rimanere a lavoro fino all’ultimo mese e protrarre invece i mesi per poter stare a casa successivamente. Io penso che se il fisico, la mente ed il contesto lo consentono è un gran bel modo per far ritornare la gravidanza ciò che è. Un momento fantastico. Ovvio tutto in linea teorica in relazione ai singoli casi.

    1. Hai ragione, una mamma in attesa non dovrebbe essere costretta ad andare in maternità se non vuole, perchè il tempo con il bebè dopo la nascita è estremamente importante. E poi insomma, essere incinte non vuol dire essere disabili!

  2. Se ti senti bene credo tu abbia fatto la scelta migliore. I primi mesi con un neonato sono molto delicati e se puoi affrontarli con meno preoccupazioni è sicuramente meglio. Sai che qua incrociamo le dita perché sia un bimbo dormiente che ti faccia riposare!!

    1. Mi sento bene per quanto possa stare bene a meno di -6 settimane dal parto! Ma sì, finchè riesco comunque a prendere i mezzi e a tollerare di stare in ufficio 8 ore al giorno… io ci provo! E per quanto riguarda il bimbo dormiente, non è il sogno di qualsiasi madre?

  3. Con la continua riduzione di natalità spesso la gravidanza è un momento unico per la donna che non si ripeterà mi trovo assolutamente aberrante che questa sia costretta anche solo per motivi economici a lavorare fino alla data del parto invece di dedicarsi a se stessa e al nascituro. Invece di proporre queste variazioni nell’utilizzo dei 5 mesi potevano aggiungerne qualcuno in più!

    1. Sono assolutamente d’accordo, 5 mesi non sono comunque tanti, ma sono molti di più di quelli che riceviamo qui in Australia o in altre parti di mondo!

  4. Se stai bene, è giusto che tu faccia così. Meglio avere più tempo dopo per riprendere i giusti ritmi.
    Io ho sempre lavorato in proprio quindi avevo anch’io l’opzione dei cinque mesi, ma nella pratica non potevo insegnare il mio lavoro a qualcuno in breve tempo, così ho deciso di lavorare fino al pomeriggio stesso del parto che è avvenuto il venerdì notte. Il lunedì sono uscita dall’ospedale e il martedì ho ripreso a lavorare. Purtroppo. Non mi sono goduta nulla dei primi mesi, è stato tutto un darmi da fare, tant’è che a tre mesi ho perso il latte dallo stress.

    1. Non ho grossi problemi, ma la stanchezza e la fatica di prendere i mezzi per andare al lavoro e stare seduta 8 ore al giorno comunque si fanno sentire! Senza dubbio per chi lavora in proprio, come nel tuo caso, le alternative sono davvero limitate! Mi spiace proprio che tu non abbia potuto godere di un po’ di tempo con il tuo bimbo quando è nato!

  5. Però vedi, nonostante sia una tua scelta io ci vedo della costrizione e mi dispiace. Non so altrove, ma qua in Italia rompono le scatole giornalmente con la storia della famiglia tradizionale, del fare più figli e via discorrendo e poi quando decidi di farlo davvero quel figlio sembra che tutte le porte ti vengano sbattute in faccia e che la scelta di fare un figlio diventi quasi un disturbo per il datore di lavoro. Delle due l’una: o dobbiamo sfornare ragazzini come non ci fosse un domani o dobbiamo lavorare come muli senza mai disturbare con le nostre necessità umane il datore di lavoro… Credo che essere madri e padri non sia affatto una cosa istintiva, ci vuole preparazione e ci vuole sostegno e sarebbe sacrosanto per qualsiasi governo del mondo dare tutto l’appoggio possibile a chi decide di avere un bambino.

    1. La costrizione c’è e ci sarà sempre per il semplice fatto di far parte di una società. Se lavori sei legata ai limiti imposti dal tuo datore di lavoro, se non lavori devi dipendere da quello che il welfare system offre. Purtroppo al giorno d’oggi noi donne siamo ancora in buona parte costrette a scegliere tra carriera e famiglia, ma per fortuna sembra che la società (almeno quella australiana) si stia muovendo nel senso giusto.

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