PhD: buona la seconda

Ricordate che nella notte dei tempi facevo un PhD presso l’University of Sydney sui bambini soldato? Ecco, l’ultima volta che ve ne avevo parlato vi avevo annunciato – con tanto di fuochi d’artificio – la tanto agognata consegna della mia tesi. Era inizio gennaio 2017. Da quel momento è cominciata la lenta attesa per l’esito finale del processo di analisi da parte di 3 esaminatori esterni: processo che può durare da qualche settimana fino a 6 mesi.  Continue reading “PhD: buona la seconda”

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PhD per restare in Australia?

L’Australia negli ultimi anni é diventata meta molto ambita sia come destinazione per turisti che per wannabe-expat. Dei motivi per scegliere questo bellissimo paese ve ne ho parlato molte volte (così come vi ho parlato di quelli per cui non sceglierlo), e trasferirsi in Australia é sicuramente una possibilità che fa gola a molti… ma non sempre realizzare questo sogno é facile o fattibile! Continue reading “PhD per restare in Australia?”

La fine del mio PhD

Fine. The end. Caput. Questo avrei voluto scrivere alla fine delle mie 345 pagine di tesi. Avrei voluto finire col botto, avrei voluto finire con una frase ad effetto o semplicemente con due parole che mettessero definitivamente fine a questo capitolo della mia vita. Ma so bene che nonostante questo progetto sia giunto (quasi) al termine, la mia relazione con la ricerca, con l’università e soprattutto con i bambini soldato non é ancora finita.  Continue reading “La fine del mio PhD”

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Post PhD blues: cosa vuoi fare da grande?

In questi giorni mi sto preparando a presentare la mia domanda di conclusione del dottorato, e dopo quasi 4 anni di PhD vedere la luce in fondo al tunnel non mi sembra ancora vero. Questo percorso non é ancora finito, c’é questa benedetta conclusione da scrivere (se concludo con The End va bene?) e la tesi da far editare, prima di inoltrare la tesi agli esaminatori (che per fortuna hanno accettato tutti). Ma quasi ci siamo. E poi? Continue reading “Post PhD blues: cosa vuoi fare da grande?”

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Cosa ho imparato grazie al mio PhD

Da 3 anni è mezzo la mia vita ha avuto una costante (marito a parte): il mio PhD. Le case sono cambiata, il mio status civile anche, amiche sono venute e andate, ma lui mi è sempre rimasto accanto. Il mio dannato PhD! Abbiamo un rapporto complicato noi: vi avevo raccontato qui quali sono i lati negativi di questo progetto, mentre qui vi avevo parlato dei lati positivi che questo lavoro mi sta regalando. Il rapporto di amore e odio continua, ma ora che la luce in fondo al tunnel è visibile, voglio riflettere su quello che il mio PhD mi ha insegnato. Continue reading “Cosa ho imparato grazie al mio PhD”

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L’unione fa la forza

Il cielo è cupo e minaccia pioggia. Fa freddino rispetto al caldo di Milano dei giorni scorsi, ma niente in confronto al freddo che ho lasciato in Australia una settimana fa. Cammino  rapida lungo Steingasse, una splendida stradina pedonale sopra un Salzach grosso e agitato dopo le piogge dei giorni scorsi. In un attimo sono all’università di Salisburgo. L’atrio della facoltà di scienze sociali pullula di gente, dò il mio nome al banco registrazioni, mi riempiono di materiale e di una targetta col mio nome che non so mai dove mettere (usare la pinzella o la spilla da balia è sempre un dilemma) e mi mescolo alla folla. Continue reading “L’unione fa la forza”

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Girl power

Bionda, minuta, carina, femminile e delicata. Dall’aspetto fisico non le daresti una lira come ricercatrice e attivista. Poi la senti parlare e la mandibola ti crolla. Lei, bionda e minuta, che si trova egualmente a suo agio a vivere tra i guerriglieri nella giungla della Colombia, nel nord dell’Iraq o in un sobborgo di Londra. Lei, per cui il concetto di casa, diversità e di distanza assumono un significato tutto particolare. Lei, pronta a partire per nazioni come il Gabon o il Kirghizistan non perchè ci sia qualcosa in questi paesi che lei voglia vedere a tutti i costi, ma perchè di questi paesi non sa niente e vuole scoprire cosa possano offrirle. Lei, che è il mio mito. Lei è Johanna.

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Consigli pratici #5: come iscriversi a un PhD in Australia

L’Australia è l’Eldorado del nuovo millennio, la nuova America per tanti aspiranti emigranti… Ma l’Australia del 2015 non è né l’Australia né l’America del dopo guerra, quando chiunque era bene accetto e si poteva emigrare relativamente facilmente, a patto di potersi permettere il lungo viaggio. L’Australia del 2015 è molto selettiva e rigida per quanto riguarda l’immigrazione: non tutti sono i benvenuti, e anche quelli che lo sono devono comunque passare un lungo e complesso procedimento per passare da residenti temporanei a permanenti. I giovani e meno giovani italiani e stranieri che sognano di mettere radici Down Under sono tantissimi e per farlo sono disposti davvero a tutto. uno dei metodi più comuni per “comprarsi del tempo” e trovare nel frattempo un modo per rimanere, è quello di seguire un corso scolastico e ottenere dunque il visto studentesco. Solitamente però si tratta di corsi brevi, quasi professionali e che raramente risolvono il problema di come rimanere in Australia, però di solito durano solo un anno. Solo pochi i giovani e meno giovani che pensano a un percorso di studi più duraturo (e necessariamente più complesso), e dalle prospettive future molto più promettenti: sto parlando di Master e PhD. Oggi è proprio di quest’ultimo che voglio parlarvi.

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Perché fare un dottorato ricerca

Tempo fa vi avevo raccontato gli aspetti negativi dell’essere ricercatrice qui all’University of Sydney. Decisamente non tutte rose e fiori. La solitudine del lavorare da sola, a casa mia, senza nessuna direzione vera e propria è stata difficile da digerire nel corso degli anni. Soprattutto per chi non ha mai lavorato “da remoto”, come me. Ma non è tutto così nero. Oggi voglio spezzare una lancia a favore di questo “lavoro” e darvi i miei motivi sul perché fare un dottorato di ricerca.

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Il silenzio assordante delle mie giornate

Finito. Si è da poco conclusa l’ultima lezione del mio secondo corso di supporto al dottorato. Finalmente è finito. Una completa perdita di tempo, se proprio lo volete sapere. Ma non ho scelta, è un corso obbligatorio al fine di conseguire il dottorato. L’unica nota positiva è che mi costringeva ad andare in università e a passare due ore ogni mercoledì con alcuni dei miei colleghi. Sicuramente un cambio di routine positivo, dopo le lunghe giornate solitarie trascorse a casa. Chi l’avrebbe mai detto che quest’esperienza di ricerca si sarebbe rivelata così mentalmente difficile? Continue reading “Il silenzio assordante delle mie giornate”