Capisci di lavorare in una non profit

Ho lavorato nel settore privato e nel pubblico, ho lavorato per piccole imprese a conduzione famigliare e grosse aziende internazionali. E ora posso dire di aver provato l’ebbrezza di lavorare anche per una non-profit! O meglio due! Sia AFS che MSF infatti sono due organizzazioni non a scopo di lucro e dopo più di un anno di lavoro in questo particolare tipo di compagnia ecco cosa ho imparato.

Cosa vuol dire lavorare in una non profit?

Lavorare per una causa

Per me questa è in assoluto la caratteristica che più definisce il lavoro per una non profit. Chi sceglie di lavorare in questo settore accetta tutta una serie di “svantaggi” – soprattutto economici – che vi elencherò di seguito per la causa appunto. Motivazioni etiche, morali o politiche spingono noi impiegati di non profit verso l’organizzazione che più ci rispecchia e rappresenta i nostri valori. Tutti noi che lavoriamo nel non profit lo facciamo dovremmo farlo spinti dalla voglia di migliorare la società in cui viviamo, per combinare senso e reddito, e fare la propria parte per un mondo migliore. [Ovvio che non tutti quelli che lavorano nel settore lo fanno per questi motivi, ed è ovvio che si può fare tutto ciò in molte altre maniere…] Per questo, la qualità necessaria per poter lavorare (con successo e soddisfazione personale) nel non profit è una grande motivazione.

Chi vuole lavorare nel Terzo Settore non cerca un lavoro e basta, ma cerca un impegno, ovviamente retribuito. E’ la motivazione che fa la differenza. Occorre avere la voglia di migliorare le cose, conta la propria capacità di avere ed inseguire un sogno.

Comunicazione cruciale

Sono moltissimi i settori e i lavori in cui la comunicazione è chiave, ma penso che siano pochi quelli in cui la comunicazione sia importante come nel non profit. A differenza di molte altre industrie che forniscono un servizio al cliente, nel mio settore si ha a che fare con donatori e non con clienti e sono loro la macchina che fa girare il tutto. Avete presente il detto “il cliente ha sempre ragione”? Ecco, nel non profit questo assume proporzioni assurde: il donatore non solo ha sempre ragione, ma si deve fare di tutto per assecondarlo anche quando questo avanza pretese assurde. Ogni volta che ci si relaziona con un donatore o un volontario, bisogna rinnovare il loro interesse per l’organizzazione sprizzando entusiasmo e passione da ogni poro. Il donatore deve sentirsi importante per la causa, sempre e comunque, ma credetemi: trovare l’entusiasmo e la carica alle 8.30 di un lunedì mattina non è roba semplice!

Ambiente informale

Quando io e l’Avvocato usciamo di casa la mattina, non potremmo essere vestiti in modo più diverso: lui sempre in giacca e cravatta, io quasi sempre in jeans e maglietta. Uno dei vantaggi di lavorare per una non profit infatti è anche il fatto di lavorare in un ambiente decisamente informale, dove il dress code non esiste, e anche il capo viene in ufficio in jeans e sneakers. Un vero e proprio sollievo per una come me, che odia vestirsi eccessivamente elegante ogni singolo giorno e una vera comodità nei mesi caldi, quando posso andare al lavoro in pantaloncini! E questa informalità si trasmette anche alle relazioni tra colleghi e con i superiori. Per dire, io col mio boss ci faccio yoga in pausa pranzo!

Stipendio limitato

Diciamo pure un’ovvietà: non si accetta un lavoro in una non profit con l’obiettivo di diventare ricchi. Una non profit, per definizione, non opera a fini di lucro e lo scopo primario dell’organizzazione è finanziare attività sociali per il bene della comunità, non arricchire i propri dipendenti. Se a livello teorico non penso ci siano problemi, a livello pratico ovviamente questo è un pochino più difficile da digerire, soprattutto vivendo a Sydney, dove il costo della vita è piuttosto alto. Se, come nel mio caso, avete la fortuna di avere un partner che guadagna parecchio più di me, o, sempre come nel mio caso, non conducete una vita particolarmente dispendiosa, allora lo stipendio da non profit non sarà un problema. Ma se avete una vita più costosa e avete un solo stipendio (o il secondo stipendio non è di molto superiore al vostro), allora forse dovrete pensarci due volte prima di accettare un lavoro in questo settore.

Benefit disponibili

Per compensare lo stipendio limitato e le limitate possibilità di aumento (ad esempio nella mia organizzazione il primo aumento arriverà solo al secondo anno e sarà piuttosto irrisorio) però, molte non profit offrono altri benefit per indorare la pillola. Ovviamente questi cambiano da organizzazione a organizzazione, ma per quel che è la mia esperienza i benefit possono essere di due tipi: economici o fisici. Per quanto riguarda il primo tipo, il più importante benefit è il cosiddetto “salary sacrifice” che ti permette di rinunciare a parte del tuo stipendio per pagare mutuo, affitto, la retta del nido o semplicemente per pagare la spesa e altre spese personali. In questo modo si riduce lo stipendio annuo tassabile, il che vuol dire più soldi in tasca a fine anno! Altri benefit economici possono essere assicurazioni sulla vita o la cosiddetta “Salary Continuance” che protegge il tuo stipendio in caso tu non fossi in grado di lavorare per malattia o infortunio. Dal punto di vista “fisico”, alcune non profit offrono corsi gratuiti di solito all’ora di pranzo, come corsi di lingua, yoga, etc, oppure opportunità di seguire training e workshop esterni per migliorare i propri skills lavorativi. Insomma, meno soldi nel portafoglio sì, ma tanti altri benefit che compensano pure!

Sempre al risparmio

Il più grande svantaggio e limite del lavorare in una non profit, a mio parere, è legato al budget e alla disponibilità di risorse. Essendo una non profit, le risorse e i fondi a disposizione sono sempre limitati, si lavora sempre al risparmio con un’enfasi particolare al fundraising. Di conseguenza, l’ambiente di lavoro può essere frustrante, con equipaggiamento antiquato, cavilli burocratici infiniti per ottenere un minimo di fondi in più, e un’attenzione maniacale a tutte le spese fatte. Per questo, la maggior parte delle non profit si affidano a volontari (la cui disponibilità e coinvolgimento cambia costantemente) e ad agenzie esterne di fundraising, il che crea non pochi problemi. Essendo poi non profit di un certo livello, si è spesso sotto la lente d’ingrandimento del governo, degli ispettori, dei media e del pubblico in generale. Non si può spendere un centesimo in più del dovuto senza creare un putiferio, credetemi!

Persone di valore

L’aspetto più bello, sempre a mio parere, del lavorare in una non profit è, oltre al fatto stesso di lavorare per una causa importante e per il bene comune, quello di lavorare con persone di valore. Non solo idealisti e sognatori, ma uomini e donne che dedicano il loro tempo e la loro carriera per creare un mondo migliore. E, credetemi, questo ti fa sentire davvero bene la mattina quando entri in ufficio. I miei colleghi di prima e di adesso sono persone in gamba, gran lavoratori e persone di talento che potrebbero lavorare per qualsiasi grande compagnia. Ma scelgono invece la realtà del non profit perché vogliono essere attivi per la causa in cui credono. Gente davvero stimolante e motivante!

Insomma, il mondo delle non profit è un universo parallelo che funziona con regole sue e lavorarci ha i suoi vantaggi e svantaggi. Non posso certo considerarmi un’esperta, ma dopo 15 mesi e 2 NGOs under my belt, questo è quello che ho imparato sul lavoro per una non profit. Se mi piace? Certamente! Se vorrei continuare a lavorarci? Lo spero proprio! E voi che mi dite? Avete esperienza con una non profit?


Last Updated on 10/05/2021 by Diario dal Mondo

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