Perché fare un dottorato ricerca

Tempo fa vi avevo raccontato gli aspetti negativi dell’essere ricercatrice qui all’University of Sydney. Decisamente non tutte rose e fiori. La solitudine del lavorare da sola, a casa mia, senza nessuna direzione vera e propria è stata difficile da digerire nel corso degli anni. Soprattutto per chi non ha mai lavorato “da remoto”, come me. Ma non è tutto così nero. Oggi voglio spezzare una lancia a favore di questo “lavoro” e darvi i miei motivi sul perché fare un dottorato di ricerca.

Il vantaggio più grande è che sono padrona di me stessa. Certo, ho un relatore (anzi due) a cui devo rendere conto dei miei progressi, ma non si tratta di un supervisore assillante e appiccicoso. Non devo informarlo di ogni spostamento, di ogni cambiamento e di ogni decisione che prendo. A dire il vero neanche mi chiede su cosa sto lavorando, se non durante gli incontri sporadici che abbiamo. Il dottorato è il mio e io sono in charge.

Di conseguenza, posso lavorare come, dove, quando e quanto voglio. Premesso quanto detto al punto sopra, non sono obbligata a lavorare dalle 9 alle 5, dal lunedì al venerdì, in biblioteca o da casa mia. Sono libera di scegliere i miei tempi, i miei ritmi, ma soprattutto le mie locations. Pomeriggio di “lavoro” in spiaggia? Mattina di “lettura” al parco? Giornata di “riflessione” in piscina? Si può fare. Fa troppo caldo e non ho voglia di muovermi dal divano davanti al ventilatore? Nessuno me lo impone. Voglio lavorare in mutande? Idem!

E per fare tutto questo, non ho bisogno di chiedere permessi, né malattie, né ferie. Voglio prendermi una giornata di riposo? Un’amica mi invita in città per un caffè? Non riesco a dire di no a un pomeriggio di shopping? Viaggetto solo donne alle Figi? Sì, sì, sì è ancora sì. Posso fare tutte queste cose senza dover chiedere niente a nessuno, senza dover chiedere permessi, né prendermi ferie o malattie. (Anche se il mio contratto mi permetterebbe di prendere giorni di malattia e 4 settimane di vacanza all’anno, nessuno controlla niente, in quanto spetterebbe al relatore farlo, e, come già detto, il mio proprio se ne frega!)

Ho la grande libertà di scegliere cosa ricercare e cosa scrivere. Fintantoché il progetto è il mio, decido io che direzione far prendere alla mia tesi. Ovviamente l’approvazione del supervisore è necessaria, ma a livello pratico e per quanto riguarda i singoli dettagli, cosa ricercare, cosa scrivere, e come farlo, sono una mia decisione. In questo devo dire di essere molto fortunata: ho molti colleghi che sono praticamente i burattini dei loro relatori, fanno ricerca e scrivono articoli per conto loro, e non hanno nessun potere decisionale in merito. E allora diciamo che è meglio un relatore rilassato, piuttosto che uno dittatore!

A livello sociale, non ho nessun capo str*nzo, né colleghe antipatiche. Il vantaggio dell’essere sola, è che sono sola. Sono il manager e sono l’impiegato, sono la collega e sono la segretaria. Ci sono solo io e io soltanto. Non mi do fastidio, non mi disturbo, non mi rimprovero per niente, non mi spettegolo dietro. Non devo fare i conti in nessun modo con le piccolezze e le cattiverie di un ufficio. Non devo dipendere da nessuno, né chiedere niente a nessuno. Tutto quello di cui ho bisogno, lo posso chiedere a me stessa. E di solito sono abbastanza brava con me stessa.

Dal punto di vista materiale, ho la garanzia di stipendio per 3/3.5 anni. Il che è più di quello che si può dire di molti lavori al giorno d’oggi. Certo, non è uno stipendio da diventar ricchi, ma è pur sempre uno stipendio. Che mi permette di pagare il mutuo, pagarmi le spese, viaggi e stupidaggini varie! E posso continuamente fare domanda per ulteriori fondi e borse di studio, che a volte ottengo, e a volte no. Ma tentar non nuoce, e perseverando a volte si riescono ad ottenere i fondi anche per comprare uno o due computer nuovi! Inoltre ho diritto a sconti per studenti per i mezzi pubblici, musei, cinema, attrazioni, ecc. In quanto studente godo davvero di tantissimi vantaggi, soprattutto sui mezzi pubblici (dove pago la metà)! Devo assolutamente approfittarne di questo periodo scontato per fare e vedere il più possibile, perché quando pagherò il biglietto intero poi la pacchia sarà finita! E infine ho accesso a fotocopiatrice e stampante no limits. Visto i costi di carta e cartucce, avere la possibilità di usare le risorse dell’università è davvero un gran vantaggio! Ahimè, non ho ancora capito qual è la stampante a colori!

E poi, ogni tanto, quando mi va di culo ho fortuna, questo PhD mi regala emozione inaspettate: e così, dopo 2 anni di fatiche, dopo migliaia di emails, dopo telefonate, lettere e visite, capita che qualcuno dica di sì. Capita che quella ex bambina soldato dalla carta diventi persona in carne ossa, con cui scambiare emails, e con cui chiaccherare via Skype. E le emozioni in questo caso sono uniche. E mi sembra di stare facendo il lavoro più bello del mondo. Un lavoro utile, che parla di un dramma attuale e terribile, che racconta vite vere di persone vere. E se anche solo una di queste persone è grata per il mio interesse e per la mia ricerca, questo vale più di mille stipendi o pubblicazioni.

Quindi, per concludere, posso lavorare in mutande, sul mio divano di casa, sorseggiando un mojito senza che nessuno lo sappia, perciò pssss…. Non ditelo a nessuno! Niente drammi su cosa mettere la mattina, su tailleur da comprare e scarpe col tacco. Niente paranoie su vestiti di marca o del mercato. Niente invidie né spettegolezzi. Nessuno mi dice cosa fare o come farlo. E ogni tanto faccio incontri che mi cambiano letteralmente la vita. No, direi che in fin dei conti non posso proprio lamentarmi!

Ed ecco perché fare un dottorato di ricerca può essere un’ottima scelta!


Last Updated on 14/07/2021 by Diario dal Mondo

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24 thoughts on “Perché fare un dottorato ricerca

    1. Assolutamente vero… dopo 2 anni di sofferenza, mi sono sforzata di pensare a tutti gli aspetti positivi di quest’esperienza… che non vedo comunque l’ora che finisca!

  1. Direi che non c’è proprio da lamentarsi.
    Interessante l’intervista alla bambina ex soldato, sarebbe bello poterne leggere degli stralci o intera.

    1. Lei si chiama China Keitetsi e internet e’ pieno di sue interviste. Ovviamente ha anche scritto un libro con la sua storia come bambina soldato, che ti consiglio di leggere se sei interessata

  2. Belli i tempi del dottorato!! Condivido a pieno… e congratulazioni per essere riuscita a raggiungere la bambina soldato! Immagino la grande soddisfazione per questo importante contatto!

    1. E’ stato un enorme onore nonche’ gioia essere riuscita a parlarci e sapere che posso farlo in qualsiasi momento, perche’ lei si e’ messa davvero a mia completa disposizione!

  3. Come cambia il mondo della ricerca a seconda dell’area di studio! Io ho abbandonato l’idea del dottorato perché già alla fine del Msc in biologia (un anno e mezzo di tesi) non ne potevo più di trascorrere ogni momento della mia vita ed ogni weekend in lab, le vacanze a preparare il poster per il congresso di settembre, e le serate a piangere sulla spalla della mia coinquilina per le delusioni e la merda che mi venivano gettate addosso… Probabilmente io sono stata sfortunata tanto quanto tu sei fortunata! 😉 Approfittane e continua così! 🙂

    1. Anche per me l’esperienza e’ piuttosto diversa… almeno quando sono a Londra. Per me e’ tutto uno spostarmi dalla British Library (dove conosco ormai diverse persone, e qualche bibliotecario), ai centri di ricerca (dove conosco tutti) al mio ufficio (dove ci sono persone del mio centro) alle conferenze… forse perché siamo alla fine non tantissimi nel mio ambito, ci ritroviamo sempre, e so dove andare per prendere un caffé e confrontarmi su dubbi metodologici e di contenuto 😉

      1. Neanche noi siamo tanti, ma la maggior parte tende a lavorare per conto proprio. Noi di giurisprudenza non abbiamo bisogno di lavorare in università, è tutto accessibile online… Per questo non sono in tanti quelli che effettivamente lavorano dell’ufficio, me inclusa. Però diciamo che se vuoi qualcuno con cui confrontarti, quello è il posto dove andare! A Venezia invece stai avendo/hai avuto un’esperienza diversa?

        1. Mah, direi di sì… ma forse dipende anche dalla lentezza con cui faccio amicizia io 😉 in generale tendo a lavorare molto di più da sola! Poi che frustrazione le biblioteche… non ci sono MAI i libri che mi servono… e per le cose che faccio io ovviamente non c’è molto online 🙁

          1. In questo sono fortunata, tutto quello di cui ho bisogno e’ di solito online e se mi dovesse servire un libro che in biblioteca non c’e’, posso richiederlo e loro me lo cercano

    2. Credo proprio che l’esperienza sia diametralmente opposta da facoltà a facoltà. Essendo io in area umanistica, non ho lab nè esperimenti. Inoltre non insegno, e per sfortuna non ci sono molte conferenze a cui posso partecipare. Il che ha i suoi pro e i suoi contro. In questo post mi sono concentrata sui pro! 😉

    3. Credo proprio che l’esperienza sia diametralmente opposta da facoltà a facoltà. Essendo io in area umanistica, non ho lab nè esperimenti. Inoltre non insegno, e per sfortuna non ci sono molte conferenze a cui posso partecipare. Il che ha i suoi pro e i suoi contro. In questo post mi sono concentrata sui pro! 😉

  4. Sottoscrivo in tutto! Appena finito questo PhD ne inizio un altro mi sa 🙂 (e non piu’ in America, che qui mi tocca insegnare quindi un po’ di vincoli li ho…)

    1. Mi verrebbe da darti della pazza, perche’ proprio io non lo rifarei… Ma detto questo, i pro di continuare a fare ricerca sono un sacco! Sicuramente io opterei che cambiare paese, in modo da sperimentare la ricerca in un contesto diverso

      1. In effetti il PhD e’ un’esperienza snervante, ma sara’ che prima lavoravo e non mi piaceva quindi ora mi sembra tutto molto meglio!

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