Diversa

Tra le mie amiche di sempre e le tante altre che ho conosciuto strada facendo, sono sempre stata un po’ particolare. Da quando poi ho cominciato a viaggiare e a sognare di posti lontani, sono diventata sempre più diversa da loro. Noi cresciute alla periferia di Milano, sognavamo vacanze in mari esotici e caldi, sognavamo metropoli e negozi, sognavamo ragazzi dalla pelle scura e amori impossibili. Ma poi settembre arrivava, la vacanze finivano, e nella grigia periferia milanese tornavamo. I nostri non erano che sogni, mentre la realtà era fatta di vacanze sull’Adriatico, shopping nei soliti negozi di Milano e ragazzi lampadati. Crescendo faceva figo parlare di estero, gridare la propria insofferenza e la voglia di scappare. Ma, come per la maggior parte degli adolescenti, non erano che parole buttate al vento. La paura di fare quel salto nel vuoto era più grande del desiderio di evasione. Poi sono arrivata io. La mia insofferenza era tanta, la mia sofferenza pure, e io quel salto l’ho fatto. Un salto in lungo, oltre l’oceano Atlantico e quasi tutto il continente americano. Un salto in alto, 10.000 metri di altezza, lassù dove stavano i miei sogni. E non mi sono più fermata.

In Italia ero diversa perché sognavo un mondo fuori dai confini del mio paese. Perché non mi accontentavo della periferia e della campagna. Perché amavo uno straniero quando gli stranieri erano (e sono) guardati con diffidenza. Perché avevo bisogno di essere stimolata mentalmente. Perché non avevo rispetto della cultura della mia città, nè della mentalità del mio paese. Perché mi mancavano cibi che in Italia neanche esistevano. Perché facevo più fatica a parlare la mia lingua nativa, che quella adottata. Perchè non mi limitavo a lamentarmi, ma agivo per cambiare ciò che non mi andava bene. Perchè non mi limitavo a sognare un mondo lontano, ma sono partita per raggiungerlo.

In Australia sono diversa perché parlo con un accento. Perché la vegemite mi fa vomitare. Perché preferisco una margherita a una pizza “with the lot”. Perché il Natale con 40 gradi non è Natale. Perché guidare dall’altra parte della strada non mi è normale (ma mi ci sono abituata). Perché mi spaventano più i ragni giganti ma innocui che quelli minuscoli ma mortali. Perche con 30 gradi non penso che potrebbe essere peggio, ma già mi squaglio. Perché prendo il sole incurante dell’alto rischio di tumori. Perché posso dire di essere italiana e di esserlo veramente, al contrario delle migliaia di italiani di seconda o terza generazione, che si definiscono italiani pur non avendo mai messo piede in Italia!

Come expat sono diversa perché non ho seguito, ma ho raggiunto. Perché non ho fatto grandi riflessioni, nè pianificazioni. Ho detto ‘vado e provo, se non mi piace torno indietro’. Perché parlavo fluentemente la lingua del paese dove sono emigrata. Perché ho avuto la mia indipendenza economica fin dal primo giorno. Perché non ho ancora scodellato un marmocchio. Perché non ho dovuto sposarmi per poter emigrare. Perché conoscevo già bene il paese dove sarei andata a vivere, prima dell’espatrio. Perchè ho comprato casa qui. Perchè non ho una data di scadenza in questo paese.

Come italiana in Australia sono diversa perché ho rifuggito come la peste gli italiani della mia città. Perché non mi sono accontentata del lavoretto tanto per. Perché parlavo fluentemente l’inglese quando sono arrivata. Perché non frequento solo locali italiani. Perché non ho fatto un giorno nelle farm. Perchè non ho dovuto sborsare decine di migliaia di dollari per seguire un corso di cui non mi importava niente, solo per rimanere nel paese. Anzi, mi pagano loro per studiare. Perché non vivo con il terrore di essere buttata fuori dal paese. Perché ho sempre fatto di tutto per integrarmi qui. Perché ho cercato di farmi più amici australiani che stranieri. Perchè non ho mai condiviso la casa, e men che meno la camera, con qualcuno che non fosse l’Avvocato. Perchè non ho mai vissuto in centro, nè mi interessa farlo.

Insomma, mi sono integrata sia qui che lì… ma allo stesso tempo, mi sento diversa qui e mi sento diversa lì… Riuscirò mai a sentirmi come gli altri nel paese in cui mi trovo? Ma soprattutto, vorrò mai farlo?

————————————————————————————————————————————————————

ps. questo post non vuole essere una critica contro nessuno, ma solamente una mia riflessione su questo senso di inadeguatezza e isolamento che ogni tanto mi prende…

Last Updated on 10/05/2021 by Diario dal Mondo

21 thoughts on “Diversa

  1. E’ vero magari ti puoi sentire diversa perchè non sei come tutti gli altri, non sei la tipica italiana expat e non sei nemmeno un’australiana. Ma chissene frega 🙂 è vero, gli italiani tendono ad escludere le persone che non passano le loro stesse cose. Ma sai cosa? E’ solo invidia. La verità è che hai saputo cogliere il meglio delle opportunità in Italia, quando sei andata in Erasmus. E in Australia, per esempio venendo pagata per studiare. E non tutti riescono a fare lo stesso. Per cui io mi sento di farti i complimenti! Dovresti essere solo orgogliosa 😉

    1. Ti ringrazio per le tue belle parole. E non fraintendermi, io sono molto fiera di quello che ho fatto e di quella che sono… Ma il senso di essere diversa, quello permane. Immagino che con il passare del tempo, si affievolira’… o almeno lo spero!

  2. Post molto bello e in cui mi ritrovo al 100%. Quel senso di non appartenenza che ho provato durante la mia vita in un soffocante paesino di provincia del centro Italia non lo dimentichero’ mai. Non c’e’ cosa piu’ frustrante di sentirsi “stranieri in patria” ma il risvolto di questa sensazione era la voglia incontenibile di avventura e di scoprire una realta’ altra da me.
    Come te, mi sono sempre sentita un po’ un’incompresa perche’ le persone che mi circondavano non avevano la mia stessa ambizione e curiosita’ nei confronti del mondo, a loro interessava solo trovare un lavoro e sposarsi. Mi hanno sempre fatto provare un misto di tristezza e compassione. Non e’ per fare la superiore, ma il loro punto di vista proprio non lo capivo.

    1. Ho sempre pensato di essere io quella diversa, pensavo che nessuno mi capisse, e invece grazie a questo post ho scoperto che ci sono tante persone come me… e questo mi fa sentire meno sola, meno diversa.

  3. A me non sembra senso di inadeguatezza,ma consapevolezza di quello che hai e che hai fatto per stare bene 🙂

  4. È vero che non sei una expat tipoca, ma quel senso di non appartenenza che descrivi è invece molto comune. Anche per chi si sposta da nord a sud Italia per esempio. Non sapere più dov’è casa.
    Io l’ho risolta pensando che casa è dove sono le persone che amo, quindi sia qui che lì.
    Ps: ma mai mostrare che non ti laceri di nostalgia per il paese di origine, altrimenti viene fuori che sei snob, quando invece sei solo diversa.

    1. Sicuramente il senso di non appartenenza si può sentire anche con distanze più ravvicinate… E concordo con il tuo ps, ma devo dire che comunque io nostalgia per l’Italia a volte ce l’ho, ma è più per gli affetti e determinati aspetti della vita italica, più che per il paese in sè…

  5. Ciao Claudia, auguri per il matrimonio innanzitutto! Volevo chiederti in privato una cosina, come faccio?
    L’importante è fare quello che ci si sente, parole scontate, ma in pochi lo fanno! 🙂

  6. Anche per me e’ cosi. Parlavo proprio di queste sensazioni con il mio compagno ( british) poco tempo fa e ho pensato che forse per provare a trovare un maggior senso di appartenenza potremo provare a vivere in un altro paese ma lui mi ha fatto notare che proprio perche’ non sono la tipica italiana expat, do per scontate tante cose che in realta’ per molti sarebbero gia’ un enorme successo. Nessuno ci caccera’ da qui per esempio e anch’io parlo fluentemente la lingua e non ho mai frequentato gli italiani, cioe’ ci ho provato ma con un compagno straniero non ci e’ venuto molto bene! Questa diversita’ mi ha fatto a volte sentire piu’ sola e altre volte piu’ orgogliosa che mai, dipende dai giorni. L’Italia seppure la amo moltissimo come solo noi che viviamo all’estero sappiamo fare, non sara’ piu’ casa per un bel pezzo se non forse per sempre, chissa’, e allora rassegnamoci, io guardo avanti e ancora cerco il mio posto nel mondo o forse questa e’ solo una scusa per continuare ad esplorare e conoscere allontanandomi sempre di piu’ da quell’appartenenza che dico di volere!

    1. Esattamente le mie stesse sensazioni. Essendo mio marito australiano, non ci e’ possibile uscire solamente con italiani, cosa che neppure vorrei io. Cerchiamo sempre di trovare un equilibrio, ma non e’ facile. Anche a noi piacerebbe fare un periodo in un paese terzo, ma mi rendo conto che ci troveremmo a dover affrontare molti problemi che qui al momento non abbiamo….

  7. Bravissima, hai messo giù bene in parole come mi sento io come expat… non avendo seguito nessuno, e andandomene per la mia strada e la mia carriera.

    Ma comunque, cos’è questa pizza with the lot?

    1. Penso che sia forse un comune denominatore a tanti della nostra generazione che si trovano in giro per il mondo… Non si ritrovano nel paese che hanno lasciato, e non si integrano al 100% in quello di adozione… Speriamo che il tempo prima o poi faccia il suo corso…. Cmq la pizza “with the lot” è quella che ha su praticamente tutto: tutte le verdure, tutti i salumi e chi più ne ha più ne metta!

    1. Non è sicuramente necessario sentirsi come gli altri… ma non è sicuramente bello sentirsi sempre diversa… Non sono le differenze che mi danno fastidio, quella aggiungono colore alla vita; è più il fatto di sentirmi in disparte che mi amareggia a volte

  8. Come ti capisco! Anche io mi sento diversa sia in Italia che in Lettonia… L’unico periodo della mia vita in cui non mi sono sentita diversa è stato durante l’Erasmus, o in qualsiasi altra circostanza che accoglie e renda le differenze culturali come un dono da farsi l’un l’altro, quando ci sono scogli e barriere linguistiche da superare ogni giorno, quando ogni giorno c’è la tendenza di aprirsi al “diverso da te” e capirne i punti di vista, capirne il background culturale.

    Quindi sono giunta alla conclusione che, per me, il posto ideale in cui vivere, è un posto dove ci sia sempre questo scambio interculturale, un ambiente internazionale mosso da idee e teste che si confrontano, perché le possibilità di decuplicano e le differenze si azzerano.

    1. Hai ragione, anche io in erasmus mi sentivo parte del gruppo. Certo, “sentirsi come gli altri” in quell’occasione voleva comunque dire non sentirsi come i francesi… Ma comunque diciamo che è stata sicuramente una fase di integrazione. In Lettonia ti senti integrata?

      1. Integrata sicuramente sì. Scavando un pelino più a fondo però mi sento come te, parzialmente diversa sia in Lettonia sia in Italia.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.